La tecnologia, l’informatica, i computer, gli smartphone, le formidabili App che utilizziamo, ci migliorano la vita: sono sicuramente tutte cose importanti e utilissime per lo stile frenetico di vita che conduciamo, danno un enorme supporto, enormi possibilità che utilizzate nel modo corretto ci fanno risparmiare tempo ed energia.
La riflessione che intendo fare però è legata alla nostra salute, al saper stare nel momento presente, alla nostra consapevolezza di sapere dove siamo, come funziona il nostro corpo, che tipo di pensieri facciamo, cosa vogliamo e come ci stiamo muovendo nel mondo o se invece proprio non ci muoviamo più e siamo “inchiodati” (e buttiamo il nostro tempo libero che reputo una delle cose più preziose che abbiamo).
Cosa intendo con “inchiodati”?
Prendo come esempio l’utilizzo che facciamo dello smartphone, che bene o male è il contenitore delle nostre relazioni: pensate a tutte le volte che diamo una sbirciatina per vedere le notifiche dei social, l’utilizzo di WhatsApp, l’attesa che mettiamo in un messaggio che ci deve arrivare o ancora peggio l’ansia se non arriva.
Lavoriamo 8 ore (e ne dormiamo 8 per i più fortunati) e il resto del tempo spesso siamo iperconnessi online in un vortice di informazioni che ci arrivano parziali, di cui non vediamo l’espressione dell’interlocutore, filtrando i messaggi in modo poco sensoriale.
E questo pian piano ci fa perdere la sensibilità di noi stessi, di chi siamo e quella con gli altri.
Il ritmo digitale è velocissimo e noi ovviamente ci adattiamo a queste velocità; quindi, facciamo più cose insieme (il famoso multitasking) per starci dietro, non rendendoci conto che non abbiamo più tempo per ascoltarci e per sentire come funziona il nostro corpo, il nostro respiro, per goderci la natura o per scambiare due parole REALI con le persone a cui teniamo.
La nostra psiche entra in confusione, deve filtrare tanti micro-frammenti di informazioni, il nostro vocabolario per esprimere le nostre idee e sentimenti si riduce sempre più perché rispondiamo agli stimoli in modo digitale… ma noi non siamo digitali, siete d’accordo?
Le relazioni sono fatte di sguardi, di frequenze, di una stretta di mano e dipendono da che postura abbiamo mentre comunichiamo; chi è di fronte a noi ha bisogno di capire che stato d’animo ci attraversa in quel momento.
Solo per informazione, vi segnalo un paio di cose che se volete potete approfondire: lo faccio soprattutto per tutelare i nostri figli. Una è la “texting neck” la sindrome da visione al computer – che certifica che abbiamo più forza nei pollici – ma un cambio di postura non naturale, ovvero si diventa curvi già in giovane età (oltre al fatto che lo smisurato utilizzo di telefoni o computer produce stress e cortisolo nel nostro sangue).
La seconda è la nomofobia (NO Mobile Phone Fobia), ossia una condizione psicologica che può svilupparsi in tutti soggetti che manifestano l’irrazionale timore/paura di rimanere “sconnessi/allontanati” dalla possibilità di rimanere “collegati” mediante il proprio smartphone.
Ovviamente, come in tutte le cose, ci vuole equilibrio: credo si possa beneficiare della tecnologia senza lasciarsi dominare.
Quello che consiglio è di portare l’attenzione a certe cose che diamo per scontato, all’acqua che scorre sul corpo quando facciamo la doccia, guardare intorno a noi quando facciamo una passeggiata, guardare le espressioni delle persone con cui parliamo, insomma… facciamo gli umani.