Sono appena tornato dalla partita di calcio di mio figlio tredicenne, e oltre a seguire le sue azioni di gioco e quelle dei suoi compagni, mi fa piacere e mi interessa notare come si muove in campo e come si muove nell’ambiente che lo circonda, come interagisce con la squadra, con gli avversari, con l’ allenatore: questo è un punto di osservazione diverso un modo di conoscerlo fuori dalle mura domestiche e subito capisco che per me questo è un potente mezzo per provare a migliorare anche me stesso.
Parallelamente porto l’attenzione sulle parole degli altri genitori, ascolto cosa dicono o cosa vorrebbero dire: mi accorgo di quanto sono ingombranti le parole che possono esprimere i genitori verso i figli soprattutto in un ambiente dove i ragazzi si sentono veramente “LIBERI”.
Mi rendo immediatamente conto che “Esserci” significa anche non dire e non fare assolutamente nulla ma godere della singolarità dei nostri figli che sono e saranno semplicemente loro.
Mentre seguo la partita, vedo lo sguardo irritato di alcuni ragazzi che per educazione o perché gli è stato insegnato che è giusto così, fanno finta di nulla ma vedo il loro sguardo, la loro postura che non è completamente disinibita e che in poche parole vorrebbero dirci: “Si va beh non sono maggiorenne, sei il mio genitore mi porti, ma qui non voglio consigli, non vedi che sto giocando?”
Esattamente la parola su cui voglio riflettere è “giocare”, noi adulti chi più chi meno per tanti motivi abbiamo smesso di giocare, non ci concediamo più la leggerezza di lasciarsi andare, mettiamo subito davanti il giudizio, del giusto, sbagliato, della persona seria e affidabile e questo senza che ce ne accorgiamo ci ingessa giorno dopo giorno, ci fa perdere quella sensibilità di riconoscerci e di riconoscere i nostri figli.
È passato tanto tempo da quando noi eravamo adolescenti, ci attacchiamo subito al “E ma erano altri tempi, non c’erano questi pericoli” e così via, in realtà molte volte siamo noi a proiettare i pericoli ai nostri figli e purtroppo spesso ci riusciamo.
Ovviamente un adulto ha dei parametri diversi, si interfaccia al mondo con dei filtri diversi.
Le responsabilità ci sono, nessuno lo nega, quello che intendo è che non ci domandiamo mai Come ci vedono loro.